Una lunga sequela di cadute. Una caduta lunga tutta una vita: simile al “Soccombente” di Bernhard, il Clown – attore comico – Hans Schnier, non può far altro, al punto in cui è arrivato, che cadere. Cresciuto nella Germania post-nazista dominata dal partito Cristiano-Democratico, egli testimonia con la sua vita – soltanto ricordata, soltanto raccontata – la crisi del rapporto tra arte e modernità. In un mondo che giace sulla profonda fede nel progresso, che impone ad ognuno di andare avanti davanti a qualsiasi trauma e lutto privato, che impone di dimenticare, di trasformarsi, finanche di snaturarsi e rinnegarsi, la profonda e radicale coerenza, la natura religiosa dell’artista non può che essere prima emarginata e dopo ridotta alla (auto)distruzione.

Uomo che nobilita la finzione con la sua arte, l’artista resta incapace di degradarsi alla capacità di fingere laicamente, quotidianamente, nella vita cosiddetta reale. Sulla sua maschera, il confine tra una risata disperata e l’eruzione di un caldo pianto di commozione lentamente scompare: e così il confine tra vita e scena, tra pantomima e quotidianità, tra caduta vera o simulata. In ultimo non resta che una doppia impossibilità: quella di aderire alla propria vita e quella di separarsene.

da 

Opinioni di un clown” di Heinrich Böll

di e con 

Cristian Izzo

altri crediti

musiche da Chopin e Schubert / drammaturgia del suono Pino Finizio / progetto grafico Luca Longobardi / oggetti di scena e costume Il luogo in buio