Pirandello ha vissuto una sua personale “febbre del cinema”, la stagione nascente e irripetibile dei grandi successi provenienti dagli Stati Uniti e da Hollywood, salutata ovunque come la Mecca del cinema, e di quelli dei kolossal italiani, basti pensare a Cabiria del 1914 per la regia di Giovanni Pastrone, tratti da sceneggiature firmate da D’Annunzio e Verga, cioè a dire l’olimpo degli scrittori, che spingevano la categoria alle soglie del divismo. È in questo contesto che vede la luce, nel 1915, il romanzo Quaderni di Serafino Gubbio Operatore, dove il protagonista, operatore cinematografico alter ego dello scrittore, osserva e registra la realtà girando la manovella della “diabolica macchinetta” da presa con il solo requisito dell’impassibilità e dell’indifferenza, ma di fatto insinuandosi con scetticismo nelle pieghe di senso di questa presunta oggettiva registrazione del reale. Serafino Gubbio lavora per la casa cinematografica Kosmograph e sul set si svolge l’azione del romanzo, in cui emerge prepotente il tema della gelosia e un riflessione appassionata sulla settima arte che potrebbe mettere in crisi il linguaggio teatrale e l’attore, riflessione che sembra sfiorare le problematiche degli odierni reality show, quando Serafino Gubbio, per l’ultima scena del film, intitolato La donna e la Tigre, dovrebbe riprendere, in una diretta ante litteram, la morte di una bestia feroce.

La scrittura di Pirandello ci fa spostare all’indietro nel tempo e spinge la nostra coscienza a ripensare tutti i cambiamenti percettivi e tecnologici in cui siamo, attivamente o passivamente, immersi in questi anni.

adattamento 

Andrea Renzi e Costanza Boccardi – da Luigi Pirandello

lettura scenica

Andrea Renzi

produzione

Teatri Uniti